Genova in Bocca                Tradizioni
   
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Pissetti (Merletti)
 
Cavalletto con tombolo
Cavalletto, tombolo, cartina, fuselli, spilli

Tombolo co caviggie
Cartina con fuselli

Pissetto rotondo
Pissetto rotondo

Pissetto ovale
Pissetto ovale

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Oggettistica in pissetto ( creazioni Sig.ra Ravera )

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Oggettistica in pissetto ( creazioni Sig.ra Ravera )

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Bordo in pissetto ( creazione Sig.ra Ravera )

Tratto da: "Il MUSEO DEL PIZZO AL TOMBOLO di RAPALLO"

SAGEP EDITRICE GENOVA EDIZIONE 1990

"Rapallo e l’arte del merletto" di Pier Luigi Benatti – storico rapallese

L’arte del merletto ha radici talmente profonde nella storia di Rapallo e del Tigullio da sconfinare persino nella leggenda. E’ pertanto arduo stabilire quando questa forma di artigianato femminile sia iniziata nelle nostre contrade ed in che modo si sia poi ampiamente diffusa al punto da entrare a far parte del costume, della tradizione, della cultura locale.
Sappiamo che nel XIII secolo anche nel nostro borgo era già presente l’antichissima manifattura di preziosi ricami in seta colorata, oro ed argento per decorare lenzuola, biancheria e tessuti.
Già esperte, come abbiamo visto, nel lavoro decorativo basato sull’intreccio di fili preziosi, le donne rapallesi, a metà del cinquecento, cominciano ad applicarsi alla creazione di spumeggianti trine sovrapponendo abilmente, sul cuscino retto da trespolo od appoggiato  sulle ginocchia, i fili che, raccolti ad una estremità sui piccoli fusi, vengono fissati all’altra con spilli, secondo il disegno prescelto. I risultati sono sorprendenti e se le trine ad ago somigliano a vere sculture per precisione di contorni, dall’intersecarsi e confondersi del refe, guidato sapientemente coi fuselli, nasce un disegno dolcissimo, quasi sfumato.
Perdendo ormai del tutto il carattere di attività muliebre svolta per passatempo, la nuova forma di artigianato, che presenta aspetti di particolare gentilezza e grazia, ma che richiede pur sempre fatica ed applicazione, trova terreno fertile in mezzo alla popolazione femminile della riviera soprattutto per le povere condizioni di vita di questi nostri paesi che si sostengono quasi esclusivamente coi frutti d’una stentata agricoltura e d’una modesta attività sul mare .Le ristrettezze sono tali che impongono di esentare dal lavoro soltanto l’infanzia.
Si aggiunga poi la considerazione che l’attività consente alle giovani, alle spose ed anche alle anziane, di dedicarvisi fra le mura domestiche , intervallando l’impegno al tombolo alle altre faccende di casa.
Nella bottega di Gio Maria Giudice , posta nel nostro borgo sulla piazza occidentale, il 25 maggio 1601 viene costituita un’autentica piccola società commerciale ed Agostino Morello riceve un quantitativo di “pisetti grixelle filamenti” del valore di lire 104, da vendere nel genovesato, con l’impegno di suddividerne il guadagno e di restituire il capitale.
Dalle modestissime abitazioni dei carruggi e dalle umili casupole sulla collina le trine passavano alle botteghe attivissime della Superba, per prendere l’avvio verso le case patrizie, i palazzi sontuosi e le corti di tutta Europa.
La ventata violenza della rivoluzione francese passerà inesorabile anche sull’artigianato di lusso delle trine che rischierà di spegnersi. Si apre così un lungo periodo di difficoltà al quale concorrono le vicende politiche , le tensioni fra gli Stati, le inevitabili guerre, i negativi riflessi economici e, non ultimo motivo, una profonda trasformazione dell’abbigliamento, settore nel quale si introducono le macchine.
Verso la metà dell’ottocento, sulla scia dell’evoluzione della moda, l’artigianato del merletto dà finalmente segni di ripresa ed ha inizio una fase che per Rapallo, Santa Margherita Ligure e gli altri centri del Golfo sarà quella di massima floridezza e splendore.
Il rilancio di questa autentica forma d’arte, determina il recupero degli antichi disegni gelosamente conservati, se ne elaborano di nuovi con figurazioni sempre più complicate e perfette, grazie alle preziose “cartine” che mani provette predispongono come modello traforato su cui fissare una selva di spilli.
Intanto sulle spiaggette, sotto i portici, davanti all’uscio di casa, le merlettaie fanno circolo ed il loro chiacchierio vivace si confonde col rumore di nacchere che provocano le “cavigge” urtandosi nella frenetica danza che dita sveltissime impongono.
Punto intero, mezzo punto, punto Armeletto, punto Genova, punto Milano, Venezia, Cantù, Chantilly, Valenciennes, Guipure, bella Nina e mille altri, sono le note fantastiche d’una meravigliosa sinfonia che viene composta sul tombolo e dona autentici capolavori.
Per le giovani d’ogni condizione diventa d’obbligo apprendere l’arte del merletto e nessuna sposa, poi, rinuncia ad arricchire il proprio corredo con le trine più raffinate, che nel disegno ricordano una finissima filigrana.  


“ Strumenti per la lavorazione del merletto in uso in Liguria” di Roberta Chioni
 

Tomboli:

Chiamati in ligure levantino “cuscin” sono a forma cilindrica, interamente in paglia e foglie secche con talvolta la presenza di due stecche in bambù intrecciate a croce alle due estremità.
L’imbottitura era compressa in un rettangolo di stoffa appositamente tagliato e cucito, a volte in misura superiore a quella del tombolo, e i lembi eccedenti fatti ricadere da un lato del tombolo.
Il tessuto di rivestimento, come dimostrano fotografie effettuate all’interno del laboratorio o negli spazi antistanti le case delle merlettaie a domicilio, era in cotone o canapa  a semplici disegno: righe, quadretti, fiori minuti o talvolta in tessuto a fiori da arredamento.
Generalmente le dimensioni oscillano intorno a i 20 centimetri per il diametro mentre la lunghezza è variabile. 

Cavalletti:

Le strutture su cui veniva collocato il tombolo durante il lavoro erano costituite da trespoli a quattro o, più sovente, tre gambe, con talvolta un ripiano intermedio munito di pareti laterali entro cui alloggiare gli accessori poiché non esisteva possibilità di riporre alcunché all’interno del tombolo.
Il trespolo ligure aveva il vantaggio rispetto ad altre realtà,di “rivolgere il cuscino in tutte le direzioni che il lavoro richiedeva” 
Fuselli:
La funzione del fusello è di agire come una bobina  su cui avvolgere il filato e provvedere un mezzo per manipolarlo tenendolo teso nel contempo.
La struttura del fusello ligure, in dialetto “caviggia” si attiene alla funzione senza fare alcuna concessione a motivi estetici o decorativi.
I fuselli venivano riposti in una apposita “sacchetta” in tessuto, che poteva essere appuntata al tombolo. 

Fazzoletto:

La merlettaia era provvista di un fazzoletto con cui ricopriva il lavoro a riposo o su cui faceva scivolare il pizzo già eseguito mentre procedeva nel lavoro. 
Spilli:
Per fermare i fili lungo le linee del disegno del cartone erano utilizzati spilli; i più antichi, in ottone a volte nichelato sottili e corti (cm 2,5) o più spessi e lunghi (cm 3,5), presentano una capocchia eseguita separatamente e fissata allo spillo in un secondo tempo.
Dal 1824, anno in cui si inventò il tipo a capocchia compatta, troviamo spilli  in  vari materiali e misure.
La merlettaia possedeva a volte alcuni spilli con capocchia in pasta di vetro multicolore che usava però per fissare il cartone al tombolo e non per eseguire il pizzo. 


Luciana Levi Muscas ha scritto che:
 
Cartine: 
Sono disegni su cartone che vengono usati  per la produzione dei merletti; infatti la merlettaia fissa sulla superficie del tombolo con alcuni spilli  la cartina preparata con la traccia lineare della decorazione e con forellini ravvicinati corrispondenti ai principali punti dell’intreccio.
Durante la lavorazione la merlettaia provvedeva via via ad ancorare i fili già incrociati fra loro inserendo gli spilli nei singoli fori del cartone e levandoli soltanto dopo aver eseguito una sufficiente lunghezza del pizzo.  


                                  
                                                                                                                                                                   

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